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ARTICOLO - La banca: una concezione del tempo fuori dal tempo

10/10/2011

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Mario Rossi, Milano, giovedì 15/9 ore 8,00, grande filiale di importante Istituto Bancario.

Vado raramente in banca: fino a ieri ero un dipendente con un normale conto corrente (gestibile anche via web) per lo stipendio e le bollette….

Sono diventato un libero professionista e mi serve un conto su cui “appoggiare” la mia partita IVA.

Lascio mia figlia a scuola alle 7,55 e mi reco in banca. Sorpresa: apre alle 8,35, non fa orario continuato e il sabato neanche a parlarne.

Guardo i cartelli in vetrina: come negli spot televisivi, propongono assistenza semplice, completa e veloce per tutti i clienti: privato, giovane, piccola azienda, artigiano. Finalmente sono dentro. Eccettuata la divisione tra area “casse” e area “consulenze” nulla aiuta a capire dove devo andare e a chi devo chiedere: aprire un conto è una “consulenza”? Due anziani davanti a me hanno già “occupato” i due “consulenti” presenti. All’arrivo del terzo gli spiego le mie esigenze e lui, guardando sul pc e mostrandomi dei piccoli cataloghi, mi propone il conto più adatto e i costi.

Decido quello che fa per me e comincia la lunga fase di “apertura”. Il mio “Responsabile Commerciale” deve spesso chiamare colleghi (di persona o al telefono): ottenere accesso via web al nuovo conto con lo stesso codice di quello personale si rivela difficile per la rigidità del sistema e per il numero elevato delle procedure (e delle videate di pc) di ogni singola fase.

Alla richiesta di una carta di credito su questo nuovo conto, mi viene “automaticamente” risposto che “normalmente” la carta di credito viene “concessa” dopo alcuni mesi di utilizzo del conto previa valutazione di solvibilità da parte del circuito erogante: a parte il discreto patrimonio personale, sono loro correntista e possessore (solvibile) di carta di credito sul conto principale da 23 anni (ma nelle videate del computer cosa vedono?)!  Insisto e il mio “Responsabile” chiama il suo “Responsabile” che, dopo uno scambio di pareri e altre videate sul pc, decide per “l’inoltro della pratica”.

Dopo circa due ore e un numero infinito di firme, esco con mezzo chilo di carte nella borsa: avrei dovuto anche chiedere come impiegare parte dei miei risparmi per dei prodotti di accantonamento a favore delle mie figlie ma…il tempo è tiranno. Un giorno, forse, in futuro,….lo farò.

LA BANCA: UNA CONCEZIONE DEL TEMPO FUORI DAL TEMPO

Malgrado gli innegabili passi avanti, la banca italiana mostra un generale ritardo nella trasformazione in banca multicanale: internet banking e automazione si sono diffusi moltiplicando i punti di contatto con il cliente e riducendone la naturale ritrosia a gestire i propri soldi attraverso una tastiera (di pc o di ATM).

Tuttavia i dati relativi alla diffusione dell’on line banking e del mobile banking ci vedono decisamente indietro già guardando al solo ambito Europeo.

Un ritardo in parte strutturale legato al forte digital divide italiano e alla nostra struttura sociodemografica (invecchiamento della popolazione e modello socioeconomico fatto di centri medio piccoli in cui lo “sportello” resta e resterà centrale).

Allo stesso tempo però un ritardo culturale delle stesse banche, inclini a mutuare i propri modelli di sempre con poco spazio all’innovazione che non sia legata alla riduzione dei costi.

Eccettuate poche recenti “novità” (più che altro estetiche) il canale “fisico/tradizionale” non si è innovato di molto né dal punto di vista dell’hardware (design, lay out, instore communication) nè da quello del software (risorse umane, processi organizzativi, tecnologie e “marketing” di territorio per l’up selling e la gestione incrementale del valore della relazione con il cliente, elementi critici del servizio come ad esempio i tempi di attesa ed esecuzione delle operazioni).

A parte gli spot “commerciali”, quelli in cui le banche on line si combattono l’apertura di nuovi conti a suon di decimali per i depositi a un anno, la comunicazione verte ancora principalmente su aspetti legati alla “tradizione” (solidità, stabilità), alla “personificazione” della proposta (visi e nomi=fiducia) o a generiche promesse (sarai trattato in modo differente).

Nulla appunto sulla innovazione, sulla “personalizzazione” della offerta, su una specifica e caratterizzante differenza nel servizio che possa tradursi in un tangibile vantaggio per il cliente.

Di conseguenza, la concezione fisica delle filiali, la comunicazione interna e la vendita sembrano poggiare essenzialmente sulla capacità del singolo impiegato di costruire e mantenere nel tempo un rapporto personale con il cliente più che su standard misurabili di efficienza ed efficacia dello stesso.

Ma il cliente di domani sarà ancora disposto a barattare il proprio tempo con il fatto di conoscere per nome il “proprio” “Responsabile Commerciale”?

In pochi anni un cliente può cambiare lavoro, città, casa, mandare i figli all’Università, modificare l’orientamento riguardo al proprio futuro pensionistico: quanto il “Responsabile Commerciale” assegnato ad uno specifico cliente è in grado da solo di gestire in maniera professionale la conseguente complessità?

Quanto questa politica è sbilanciata sul cliente acquisito invece che sulla conquista di nuovi clienti e come viene approcciato un nuovo cliente la prima volta che entra in filiale?

Come trasformare la filiale da luogo di servizio passivo per i già clienti (a richiesta) in un centro di profitto proteso all’up selling sui già clienti e alla conquista dei nuovi?

Quanto del prezioso tempo del cliente in filiale viene gestito in maniera profittevole per lui stesso e per la banca?

Molte ricerche (es.BCG, “The near-perfect retail bank”) dimostrano che la distribuzione fisica di servizi bancari si distinguerà per alcuni importanti attributi tra cui, soffermandoci solo sui primi tre: un modus operandi “semplice, facile e veloce”, una chiara e differente identità basata su tangibili bisogni del cliente, una customer experience superiore.

“Simple, easy, quick”: 3 sole parole che però rappresentano un’area di grandi potenzialità a fronte di investimenti relativamente contenuti e risultati tangibili per il cliente con ricadute positive su clear identity e superior customer experience.

Quindi, orari più flessibili (in Italia l’orario continuato è una rarità e l’apertura nel week end è del tutto assente) ma anche abbattimento della carta (no paper processes) e delle firme, lay out con aree visibilmente destinate a specifici servizi, comunicazione interna chiara e comprensibile per il cliente, professionisti capaci di rispondere con efficacia e in tempi brevi.

Negli USA l’abbandono negli anni 80-90 della concezione Tayloristica del lavoro ha portato ad un miglioramento nelle performance commerciali e nella customer satisfaction delle filiali. Le retail branches con maggiore flessibilità funzionale e più elevata discrezionalità commerciale mostrano statisticamente migliori risultati. Il superamento della suddivisione tra “tellers” (cassieri per le operazioni di routine) e “platform workers” (consulenti per i servizi più avanzati) ha da tempo messo al centro il cliente. I programmi strutturati di cross-training permettono agli uni e agli altri di rispondere alla richiesta del cliente “bene, velocemente e la prima volta”, evitando il passaggio ad un collega a cui il cliente debba rispiegare le proprie esigenze. Ogni attività viene strutturata (o ristrutturata) misurandone costi e redditività ma anche il tempo di erogazione al cliente (“customer time”). Grande rilevanza hanno i sistemi informativi interni e l’integrazione di questi con sistemi avanzati di contatto (web e call center) per la raccolta e gestione strategica delle informazioni sul cliente che, visibili al consulente nel momento del contatto in filiale, gli permettono di effettuare proposte personalizzate.

In Italia appare evidente un ritardo in tal senso e l’esperienza del Signor Rossi è ben lontana dall’essere rara, anche per un servizio semplice come l’apertura di un conto.

Sotto il profilo della identità, le nostre banche restano in gran parte generaliste e indifferenziate.

E’ questo un altro ambito di grandi potenzialità, soprattutto per quelle banche che per prime decideranno di eccellere in elevati standard di servizio costruendo un elemento distintivo forte e differenziante della propria unicità con positive ricadute sulla customer experience.

A nessun cliente piace aspettare per essere servito o attendere passivamente la stampa di decine di fogli da firmare. Aprire un conto corrente presso una internet bank è operazione da pochi minuti, in filiale può volerci un tempo superiore anche di 10 volte!

Tradurre le esigenze di tempo del cliente in vantaggio distintivo può diventare un’arma competitiva: è possibile dedicare alcune “postazioni” in orari o giorni della settimana a specifici target di clienti riducendo i picchi di traffico? E’ possibile riclassificare le principali operazioni bancarie di filiale a seconda del tempo necessario ad effettuarle? Ridisegnare il lay out e la comunicazione in store in base al customer time può tradursi in una innovazione vincente e se ne può trarre una vera e propria identità distintiva?

A giorni aprirà a Bergamo la prima filiale fisica di Ing Direct. Un concept store improntato a semplicità, trasparenza e innovazione: casse self service per tutte le operazioni, totem interattivi per la visita guidata tramite IPad, schermi per la lettura dei quotidiani durante l’attesa, processi no paper (nessuna firma richiesta). Una nuova strada sembra aprirsi anche in Italia. Peccato che il Signor Rossi sia di Milano…

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