Comprata l’asciugatrice la settimana scorsa, oggi me l’hanno consegnata. Valore €799+una giornata di ferie: li avevo pregati di venire entro le 12,30 per cavarmela con mezza giornata di permesso. Sono venuti alle 16,30 e mi hanno telefonato 3 volte per trovare casa mia!
Per carità, bravi ragazzi, educati, però…. A parte un navigatore, non avevano neanche una vecchia coperta per spingere il prodotto senza raschiare il parquet. Del resto cosa aspettarsi con €25 euro di costo del “servizio”? Certo, se mi avessero offerto un servizio migliore, lo avrei tranquillamente pagato di più.
Anche in negozio, sabato scorso, non è andata meglio: oltre all’asciugatrice, ho acquistato una macchina fotografica reflex e dovevo comprare un notebook e relativi accessori.
Anche al sabato mattina è difficile trovare assistenza: ci sono pochi addetti e sono letteralmente assediati dai clienti. Il tempo e l’attenzione che possono dedicarti sono scarsi e spesso gli addetti non sono qualificati: se chiedi “perché a costa più di b” è una fortuna se l’addetto legge il cartellino alla ricerca della funzione che possa giustificare i €100 di differenza tra due prodotti apparentemente simili. Nella peggiore delle ipotesi, la differenza sarà senz’altro da imputare “alla marca”.
Così è stato per l’asciugatrice, sulla quale però mia moglie si era informata su internet e da un paio di amiche che già la hanno.
E andata un po’ meglio per la macchina fotografica: continuamente interrotto da altri clienti che gli chiedevano “una cosa veloce”, l’addetto ci ha consigliato un buon prodotto sul quale comunque ci eravamo già indirizzati: “super offerta volantino” in sottocosto…
Orientarsi da soli è quasi impossibile: informazioni assenti, lacunose o incomprensibili (caratteristiche tecniche con nomi astrusi), nessun criterio di divisione dei prodotti che mi aiuti a capire quello più adatto alle mia esigenze, personale insufficiente.
Il computer non lo abbiamo comprato: dopo mezz’ora di attesa siamo riusciti a parlare con un promoter di una specifica marca. Ci ha illustrato alcuni notebook presenti sul banco della sua marca ma nulla ha saputo dirci sulle altre marche per le quali avremmo dovuto rivolgerci, a turno, agli altri 5/6 promoter…Si è fatto tardi e abbiamo rinunciato al notebook e ai suoi accessori.
Ma non è finita qui: per la macchina fotografica e l’asciugatrice si va prima in cassa a pagare muniti di un foglietto degli addetti vendita (fila 1). La cassiera non capisce bene cosa ci sia scritto e deve telefonare all’addetto che non risponde….Finalmente si chiariscono e, una volta pagato, si passa all’area servizi per stabilire le modalità di consegna dell’asciugatrice (fila 2). Muniti di scontrino, si torna dall’addetto a prendere la macchina fotografica (fila 3, è impegnato con un cliente). Non ci hanno dato neanche un sacchetto per cui torno in cassa per prenderne uno (fila 4). Poi prima di uscire bisogna mostrare gli acquisti e lo scontrino ad un addetto alla sicurezza (fila 5).
Ho speso oltre €1800! Per il notebook andrò in un altro posto (anche se non mi faccio molte illusioni di ricevere un servizio diverso) ma mi chiedo: possibile che non si possa fare nulla di più? Possibile che non ci sia una maniera diversa di vendere? Oltre a lamentarsi della crisi e a spendere milioni di euro per comunicare grandi sconti, questi distributori a cosa pensano?
Ah, se il mio amico Carlo non avesse chiuso il suo piccolo negozio sotto casa….
ELETTRONICA ED ELETTRODOMESTICI: UN MODELLO IN CRISI.
Da una parte i retailers: competizione esclusivamente sul prezzo, costante erosione dei margini e forte contrazione dei fatturati dovuta all’assenza di innovazioni tecnologiche di prodotto e al venir meno del forte aiuto assicurato alle vendite 2009 dal passaggio al digitale TV, ormai quasi interamente avvenuto.
Dall’altro clienti largamente insoddisfatti a causa di esperienze di acquisto tutt’altro che memorabili.
Non esiste settore commerciale in Italia in cui, in un decennio soltanto, produttori e distributori abbiano distrutto così tanto valore, banalizzando prodotti e tecnologie e finanziando il proprio sviluppo di quote (industria) e di negozi (retailers) attraverso un incremento di volumi esclusivamente guidato dallo sconto e dal costante e rapidissimo abbassamento del prezzo medio.
A questo apparente controsenso si sono uniformati tutti i retailers, spendendo milioni di euro in una comunicazione che, anche quando li ha visti approdare in TV con sempre maggiore convinzione, si è distinta spesso per linguaggi banali e/o contenuti essenzialmente rappresentati da tagli prezzo.
La grande massa dei clienti, grazie alla competizione, può accedere a prodotti di alto valore a prezzi più bassi ma, altro portato negativo per i retailers, è stata spinta (a suon di volantini, e per mancanza di proposte alternative) ad assumere un comportamento, forse irreversibile, da cherry picker professionistico.
Di contro, gli investimenti in quantità e formazione delle risorse umane sono insufficienti e quelli di pos marketing sono tendenzialmente dedicati più ad aspetti estetici (comunque importanti) che a migliorare l’esperienza di acquisto del cliente.
Se l’obiettivo é quello di ridurre i costi di gestione, addossando al cliente lo sforzo di doversi orientare e servire da sé, questo non può che fallire per la mancanza di strumenti che permettano al cliente di assumersi un ruolo più attivo e consapevole nelle scelte.
Qualcosa comincia a cambiare ma la media dei negozi italiani, guardando ad esempio all’accoglienza e alla comunicazione, offre ambienti pieni di sollecitazioni visive inutili e ridondanti (es.marchi di aziende produttrici che campeggiano dappertutto) e una segnaletica aerea e di reparto insufficiente o poco chiara che poi quasi mai corrisponde alle merci esposte.
I criteri espositivi, quando presenti, non sono uniformi e quindi risultano illeggibili per il cliente: per marca? per funzioni? per prezzo?
La comunicazione di prodotto si sostanzia in un elenco di sigle spesso incomprensibili che non traduce le funzioni in plus per il cliente.
La comunicazione di prezzo non gradua e quindi svalorizza le offerte: tra dieci “superofferte” su prodotti simili, qual è la vera offerta? Quale e come sceglie il cliente?
Ma l’area in cui davvero si è restati molto indietro è quella della shopping experience e dei servizi post vendita.
Sul web si è fatto molto con lo sviluppo di siti che permettono il confronto tra articoli diversi e offrono suggerimenti con l’uso di strumenti sempre più coinvolgenti ed efficaci come le tecnoguide video.
Purtroppo però questi sforzi muoiono lì dove nascono (sul web) e non proseguono in alcun modo in negozio dove sistemi relativamente semplici di digital signage interattivo potrebbero in un sol colpo risolvere diversi problemi.
Ad esempio, postazioni in cui il cliente può effettuare ricerche e confronti, controllare la disponibilità di uno specifico prodotto e la sua localizzazione in negozio, orientarsi autonomamente tra prodotti e servizi, ricevere offerte di cross e up selling stampando coupon e suggerimenti, guardare brevi tecnoguide video, stampare la lista dei propri acquisti per un rapido chek out alla cassa, rappresentano una prosecuzione dell’esperienza digitale iniziata su internet, rendono il negozio un punto informativo invogliandone una frequentazione non legata esclusivamente ad acquisti programmati, aumentano il tempo di permanenza in negozio, rendono i tempi di attesa più piacevoli, riducono il tempo di interazione con l’addetto ed evitano di doversi rivolgere allo stesso per informazioni spesso banali come la disponibilità o la localizzazione di un prodotto.
La maggior parte dei retailers, attiva in modo più o meno evoluto sull’e-commerce, possiede già (forse inconsapevolmente) gran parte della infrastruttura tecnologica e contenutistica necessaria, per non parlare della disponibilità di hardware, dagli schermi ai computer e ai tablet (per dotare gli addetti, costantemente in movimento, di strumenti evoluti di gestione della vendita).
I processi di vendita sono in gran parte cartacei e spesso ridondanti. In ogni caso inefficienti sia per il cliente che per il retailer stesso, con un numero elevato ed evidente di operazioni inutilmente ripetute (prima dall’addetto alle vendite e poi, di nuovo, in cassa e, in parte, in area servizi per la consegna e l’installazione).
Infine, il post vendita, sia per i servizi di consegna che per quelli di assistenza sui prodotti, è nettamente indietro.
I retailers stranieri, segnatamente in USA e UK, hanno investito negli anni sulla integrazione dei servizi con la costruzione di una vera e propria area di business che li vede vendere consegna, installazione, riparazione e garanzia direttamente in tutti i negozi erogandola a domicilio con eccellenti risultati economici e di branding.
Oggi Geek Squad (Best Buy) e KnowHow (Dixons/Currys/PCWorld) vendono i propri servizi on line sul mercato “libero” per la installazione e l’assistenza di prodotti venduti anche in altri negozi ai quali, è evidente, tendono a sottrarre in questo modo clienti e fatturato.
Il cliente, acquistato uno dei servizi (on line o in negozio in veri e propri shop in shop), può tracciarne sul web lo stato di avanzamento con il semplice inserimento di un codice oppure ricorrere all’aiuto (remunerato) di Geek Squad o KnowHow in qualsiasi momento anche per un banale problema di connessione del pc con la stampante!
La home page dei siti di questi retailers si apre con questi servizi a testimonianza di quanto questa leva, ben più redditizia della sola vendita dei prodotti, sia diventata strategica nella conquista del cliente e nel mantenimento della sua fedeltà.
E in Italia? Purtroppo qui c’è la crisi e non ci sono sufficienti risorse: si fa già fatica a sostenere i 200 milioni all’anno necessari alla stampa e distribuzione dei volantini!